![]() |
fonte: Amazon.com |
Pablo era il più grosso trafficante di droga del
Sudamerica e del mondo. Andrés era uno dei pilastri della nazionale
colombiana composta da una generazioni di campioni che si stavano imponendo a
livello internazionale. Stesso cognome, nessuna parentela ma stesso tragico destino, seppur al culmine di due vite vissute su binari completamente diversi.
![]() |
Fonte: filmeweb.net |
GLI ALBORI- Andrés è un ragazzo molto disciplinato, con una forte passione per
il calcio. Da bambino, gioca tutti i
giorni nei campetti di Medellin fino a quando, a 20 anni, nel 1987, corona
finalmente il suo sogno di entrare a far parte della prima squadra dell’Atletico Nacional. Classico difensore
centrale, elegante nelle chiusure, forte di testa, Andrés guadagna ben presto
la maglia della nazionale segnando il gol dello storico pareggio dei cafeteros a Wembley, contro
l’Inghilterra. La Colombia, che fino a quel momento non esisteva nel panorama
calcistico internazionale, inizia prepotentemente a farsi largo. L’Atletico
Nacional vince la Coppa Libertadores nel
1989, e disputa la finale di Coppa
Intercontinentale contro il Milan, venendo sconfitta solamente nei tempi
supplementari. L’Atletico Nacional è un club ambizioso, con denaro sufficiente
per pagare e trattenere i migliori giocatori. Ma quel denaro veniva da Pablo
Escobar.
![]() |
Fonte : patriagrande.com.ve |
Ma non c’è solo Pablo. C’è Gonzalo Rodriguez Gacha, detto El Mexicano, con
il Millionarios de Bogotà, e ci sono
i fratelli Gilberto e Miguel Rodriguez Orejuela con l’America de Calì. Le squadre diventano juguetes, giocattoli. I boss della droga non vogliono solo
giocare, ma anche, e soprattutto, vincere. Così calcio e narcotraffico si
annodano pericolosamente assieme, con i potenti pronti a tutto, minacce,
sequestri, corruzioni, fino all’uccisione dell’arbitro Alvaro Ortega che
costringe la federazione a sospendere per un anno i campionati.
LA EPOCA MAS VIOLENTA-Il rapporto di Pablo Escobar con il popolo è ambiguo. Da un lato il
narcotrafficante spietato, dall’altro l’uomo che costruisce campi sportivi, li
illumina, e da vitto ed alloggio ai poveri. Pablo è generoso verso la gente e per questo è visto quasi come un
messia. Ha una grossa passione per il calcio ed un rapporto stretto anche con i giocatori che spesso
invita al proprio ranch per partitelle in cambio di lauti compensi. Ma in Colombia tutti sanno che i soldi
– e quindi la generosità – derivano dal traffico di droga. Così la DEA (il
dipartimento anti-droga statunitense) incomincia a mettere pressione al governo
colombiano ed inizia quindi la caccia a Pablo Escobar. Lui risponde a modo, cominciando la propria guerra contro lo stato, la magistratura e la polizia che provoca sangue
per tutte le strade della Colombia.
![]() |
Fonte: jon-van-woerden.blogspot.com |
UN PALLONE PER DIMENTICARE – In mezzo a tutto il caos, il calcio riparte. Il futbol è un’isola felice
che serve a far dimenticare i problemi. Higuita, Asprilla, Valderrama, Alvarez, Valencia, Rincon, formano la generazione
di campioni che sta tenendo a galla, attraverso il calcio, il nome della
Colombia. Le qualificazioni al Mondiale del 1994 si concludono con un
incredibile 5-0 rifilato dai cafeteros all’Argentina
al Monumental di Buenos Aires. Sotto la guida di Maturana la Colombia si
appresta a partecipare ad Usa ’94 dove è vista da tutti come una possibile
rivelazione. Pelè, addirittura, in una intervista la dà come una delle favorite. Andrés Escobar è uno dei leader di quella selecion. La sua faccia pulita è l’ immagine onesta della Colombia
ed il soprannome di El Caballero della
Cancha dice tutto sulla sua integrità morale.
LA FINE DI PABLO- Nel frattempo Pablo Escobar, per evitare l’estradizione negli Stati
Uniti, si costituisce, anche se in modo del tutto particolare. Fa costruire infatti la propria
prigione, detta La Catedral, sulle
colline di Medellin, dove si appresta a scontare la propria pena. Lì ha tutti i confort, compreso un campo di calcio. Ma il
rapporto fra il boss della droga e alcuni giocatori inizia a creare conflitti.
Higuita, il portiere della nazionale, è sgamato mentre si reca a far visita a
Pablo, e poco dopo arrestato per aver
partecipato, come mediatore, in un sequestro. Si mormora che Higuita sta pagando la sua amicizia con Pablo, ma in realtà pure tutti
gli altri componenti della nazionale fanno visite regolari a Pablo. Nonostante Andrés Escobar non è moralmente d’accordo nell’andare, non ha scelta, così come i suoi compagni di squadra. Tienes que ir …o..ir
![]() |
Fonte: severorivera.com |
LA “MANO NEGRA”- Andrés Escobar, come tutti i suoi compagni, soffre la mancanza di
tranquillità. Sta progettando di andare a giocare in Europa, ed ha appena ricevuto un’offerta dal Milan,
nonché da una squadra messicana. Tuttavia dentro di sé sa che la nazionale è
uno strumento importante per dare alla gente del suo paese soddisfazioni. Ma,
nonostante le buone premesse, la Colombia inizia col piede sbagliato
l’avventura statunitense. L’imprevista sconfitta contro la Romania, fa calare
sulla nazionale una “Mano Negra” che
stritolerà per sempre i sogni colombiani. Herrera apprende dell’uccisione del
fratello al rientro in albergo, Maturana viene minacciato, ed obbligato a non
schierare Gomez per il successivo incontro. Scommettitori clandestini
rivendicano la perdita di grosse somme di denaro. La nazionale vive così in uno
stato di terrore, con i giocatori attaccati ai telefoni per avere notizie
rassicuranti sui propri familiari.
![]() |
Fonte: lashorasrojas.blogspot.com |
ADIOS CABALLERO- La sconfitta contro gli USA segna la fine dei sogni colombiani. Andrés Escobar è l’immagine malinconica di
quella nazionale. Uno dei pochi errori della sua carriera causa l’autogolche permette agli americani di andare in vantaggio, nella gara finita poi 2-1.
Andrés è molto triste. Si sente responsabile del fallimento della nazionale.
Tuttavia , al rientro in Colombia, vuole dimenticare. Uscire, affrontare la
gente, scacciare i propri demoni.. Come se niente fosse successo. Così, in una
serata come le altre va con alcuni amici in un locale. Ma, quella del 2 luglio 1994,
non sarebbe stata una serata come le altre. Alcune stupide battute sull’autogol, fanno nascere una discussione. Sembra tutto finito, quando Andrés, di ritorno verso casa, viene
assassinato. Alcune testimonianze aiutano la polizia a ritracciare l’auto dalla
quale sono partiti i colpi, che risulta appartenere ai fratelli Gallon, loschi
personaggi molti vicini al leader del Los Pepes, Carlos Castaño. Ma dopo pochi
giorni, sorprendentemente, a confessare l’omicidio è un certo Humberto
Castro Munoz, l’autista dei fratelli Gallon. Trovato il colpevole – con i
Gallon usciti puliti al 100% - la gente va dicendo che se Pablo fosse stato vivo, nessuno avrebbe toccato Andrés.
Nessun commento:
Posta un commento