Febbraio 1983. Il mediano Ralf Rangnick,
giocatore-allenatore del Viktoria Backnang, formazione di sesta divisione
tedesca, non era nuovo ad amichevoli contro squadre di categoria superiore, ma
quel giorno non riuscì a smistare nemmeno una palla. Di solito i professionisti
ti lasciavano un po’ giocare, per poi colpire grazie alla loro maggiore classe.
In fin dei conti si trattava solo di una amichevole. Ma quei russi no. Non
appena uno di quei poveri dilettanti tedeschi aveva la palla, loro si
fiondavano in pressing, soffocando qualsiasi tentativo di giocata.
Ad un certo punto Rangnick si fermò, alzò lo sguardo ed
iniziò a contare gli avversari. Nove, dieci, undici… No, non giocavano in
superiorità numerica. Semplicemente praticavano un calcio ed un livello di pressione
mai visti prima.
I russi in questione erano la Dinamo Kiev, che erano
soliti passare l´inverno in Germania mentre il campionato sovietico era fermo
per la pausa invernale. Quella squadra era ricca di stelle dell´epoca, da Oleg
Blokhin ad Alexandr Zavarov, fino ad un giovanissimo Aleksey Mikhaylychenko.
Molti di quei giocatori facevano anche parte della nazionale URSS ed il loro
allenatore era il leggendario Valeri Lobanovski.
La Dinamo Kiev dovrebbe essersi trovata molto bene nella
pace del Baden-Württemberg, nell´allora Germania Ovest, visto che fecero
ritorno anche negli anni seguenti. Rangnick, incuriosito, diventò presenza
fissa a bordo campo. Munito di block-notes, iniziò a spiare gli allenamenti per
riuscire a capire esattamente come diavolo si allenavano.
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Ralf Rangnick |
Nel frattempo Rangnick aveva pure iniziato il corso per
diventare allenatore professionista e nel 1985, a soli 27 anni, ottenne la sua
prima panchina ufficiale, quella dello Stoccarda II, le riserve degli Schwaben.
A Stoccarda, Rangnick incontrò Helmut Groß, che nei primi
anni 80 aveva guidato il Geislingen, un club che militava in sesta divisione,
nei campionati regionali del Baden-Württemberg. Seppur a livello
dilettantistico, Groß era un innovatore. Amante della zona e del calcio totale,
Groß aveva intuito fin d´allora che marcare a zona era più efficiente che farlo
ad uomo, e che l´energia risparmiata grazie al migliore posizionamento poteva
essere usata per pressare direttamente dentro la metà campo contraria e forzare
l´avversario all´errore.
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Festa grande a Geislingen |
Nel 1984, il pressing del Geislingen fece una illustre
vittima. Nel secondo turno di Coppa di Germania, fu l´Amburgo allenato da Ernst
Happel e con Felix Magath in campo, ad essere sconfitto per 2-0 (qui gli highlights della gara), in quello che
è considerato uno dei più grandi risultati a sorpresa nella storia del calcio
tedesco. All´epoca Groß già non era più l´allenatore del Geislingen – fu Jakob
Baumann, il suo successore, a condurre in porto l´impresa – ma ovviamente
moltissimi meriti di quel colpaccio erano i suoi.
Groß era diventato nel frattempo l´allenatore del
Kirchheim, un club di quinta divisione, quando la Dinamo Kiev si presentò di
nuovo per una delle loro solite amichevoli invernali. Stavolta però il maestro
Lobanovski trovò di fronte un allievo molto ben preparato: il Kirchheim
inchiodò incredibilmente i russi sull´1-1. Rangnick invece era passato al Korb,
in settima divisione e mettendo in pratica quanto di teorico appreso: dopo la
pausa invernale modificò l´assetto tattico passando alla difesa a 4 e alla
marcatura a zona. Il Korb non perse nessuna gara da lì a fine campionato. Rangnick
pensò che, se il cambiamento portava i suoi frutti a livello dilettantistico-
dove i giocatori si allenavano di sera e due-tre volte a settimana - non
esisteva certo nessun impedimento per riproporlo a qualsiasi livello, in
special modo nei professionisti.
L´amicizia ed il rapporto professionale fra Groß e Rangnick col tempo aveva dato vita ad un turbine di idee da sviluppare, come in un laboratorio di chimica. Ma all´epoca libri o manuali non erano facili da reperire. Serviva ricercare materiale in giro per il mondo, o, in alternativa, alzare i tacchi e prendere l´auto, sobbarcandosi chilometri per spiare altri allenatori. Dall´Italia iniziarono ad arrivare numerose cassette VHS del Milan di Arrigo Sacchi: Groß e Rangnick fusero il loro videoregistratore a forza di play, pause, rewind, pause, play. Quaderno e penna in mano, i due iniziarono comprendere il funzionamento di quella perfetta macchina rossonera.
Ma Sacchi non fu l´unico allenatore della Serie A ad
essere preso come esempio. Rangnick si trovava in vacanza in Sud-Tirolo quando
si imbatté nel ritiro del Foggia, che Zdenek Zeman aveva appena portato dalla
serie C in A. Per il tedesco fu come scoprire l´albero della cuccagna: pressing
aggressivo a tutto campo e marcatura a zona. Tutto in versione estrema, naturalmente.
Controllando gli allenamenti, Rangnick ne scoprì però la durezza. Ma c´era una
logica. Per fare quel tipo di gioco, i calciatori dovevano essere il più forma
possibile, per rendere sempre al massimo. Non servivano necessariamente
campioni, ma occorreva gente disposta al sacrificio.
L´amicizia ed il rapporto professionale fra Groß e Rangnick col tempo aveva dato vita ad un turbine di idee da sviluppare, come in un laboratorio di chimica. Ma all´epoca libri o manuali non erano facili da reperire. Serviva ricercare materiale in giro per il mondo, o, in alternativa, alzare i tacchi e prendere l´auto, sobbarcandosi chilometri per spiare altri allenatori. Dall´Italia iniziarono ad arrivare numerose cassette VHS del Milan di Arrigo Sacchi: Groß e Rangnick fusero il loro videoregistratore a forza di play, pause, rewind, pause, play. Quaderno e penna in mano, i due iniziarono comprendere il funzionamento di quella perfetta macchina rossonera.
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Tutti a lezione dal maestro Arrigo Sacchi |
Groß e Rangnick non erano i soli ad essersi accorti che
il calcio stava cambiando e che in alcuni paesi già queste filosofie tattiche
erano ben presenti. I successi del Milan di Sacchi non erano passati certo
inosservati e copie, più o meno di successo, delle idee del maestro di
Fusignano iniziarono a vedersi in giro per l´Europa. Uno di questi fu Wolfgang
Frank che nel 1995 che fu il primo ad introdurre tali metodi in una serie
professionista tedesca, dopo aver preso in mano un traballante Mainz (in
Bundesliga.2, la serie B tedesca). Il Mainz al momento dell´arrivo di Frank
aveva appena un punto e zero reti realizzate dopo otto giornata ed era
condannato alla retrocessione. La sua prima mossa fu quella di passare dalla
marcatura ad uomo a quella a zona ed introdurre il pressing. Il cambio fu
radicale ma portò i suoi frutti. Con i 32 punti ottenuti solo nel girone di
ritorno, il Mainz si piazzò a centro classifica. Fra i giocatori sotto la guida
di Frank, c´era anche uno spilungone biondo, che dopo aver iniziato la carriera
da centravanti si era riciclato difensore centrale e che nel 2001 diventerà poi
il tecnico del Mainz: Jürgen Klopp.
In silenzio, quasi timidamente, anche altre squadre
iniziarono a giocare a zona, specie in luoghi tranquilli e lontani dai
riflettori, come a Freiburg, Fürth, Wattenscheid e Uerdingen. Nel frattempo nel
1997, Rangnick ottenne la panchina del Ulm 1846 nella Regionalliga Süd, la terza divisione di allora. Gli Spatzen conquistarono subito una storica
promozione in Bundesliga.2 e, contrariamente ai pronostici, nella successiva
stagione continuarono a impressionare. Imbattuto dopo 16 giornate, l´Ulm
diventò oggetto d´attrazione per i curiosi ed i giornali tedeschi non esitarono
a definirla un “un’isola del calcio moderno”. Qualche critico arrivò ad
osservare che la squadra Under-14 dell´Ulm sapeva giocare a zona. Al contrario
della nazionale tedesca - che pochi mesi prima aveva preso un bello shampoo
dalla Croazia nei quarti di finale dei Mondiali di Francia.
A fine stagione l´Ulm otterrà una storica promozione in
Bundesliga, anche se Rangnick non salirà, almeno ufficialmente, sul carro dei
vincitori. L´allenatore si era infatti dimesso nel marzo del 1999 e per lui si
profilava già il grande salto con la panchina dello Stoccarda ad attenderlo.
Ma nel frattempo era successo qualcosa
di imprevisto. Invitato come ospite nei salotti di Sportstudio, lo storico programma trasmesso dalla ZDF, Rangnick
iniziò a parlare delle proprie teorie ed idee davanti ad una lavagna. Tuttavia
quell´uscita ebbe un effetto indesiderato. Fra gli addetti ai lavori più
conservatori, le idee di quel giovane allenatore furono viste come un attacco
alla tradizione. L´arrivo di Rangnick sulla scena sembrò quello di un occhialuto professore con tante idee, ma poca pratica. E poi la sua difesa a 4 andava ad
intaccare un ruolo che nel calcio tedesco fino a quel momento era sacro ed
intoccabile: quello del libero.
Frank Beckenbauer era il simbolo di quel ruolo: il
giocatore che organizza la difesa e che guida l´inizio della manovra. Il cuore della
squadra, insomma. Matthias
Sammer era l´ultimo esponente della generazione dei liberi “alla tedesca” ed
aveva vinto l´Europeo ed il Pallone d´Oro nel 1996. Ed in quei anni anche Lothar
Matthäus aveva arretrato il proprio raggio d´azione, alternando la posizione di
mediano davanti alla difesa con quella di libero. A livello di nazionale era
vero che il Mondiale di Francia era stato una delusione, ma i tedeschi avevano
vinto l´Europeo due anni prima e la Champions League (con il Borussia Dortmund)
nel 1997. Il Bayern Monaco sarebbe poi arrivato in finale nel 1999. Perché
cambiare, quindi?
Spesso le vittorie, o quantomeno i risultati positivi,
alterano la realtà. Ad inizio del secolo, in Europa nessuno giocava più con il
libero, ed il 4-4-2 in voga negli anni 90 stava lasciando piano piano spazio ai
flessibili 4-3-3 o 4-2-3-1. Unica costante la difesa a 4. Tuttavia in Germania
il muro di indifferenza verso il nuovo era duro da buttar giù. Il fiasco
dell´Europeo del 2000 era stato compensato dal secondo posto del Mondiale 2002
anche se la nazionale di Rudi Völler era tutto tranne che bella a vedersi.
Tremendamente aggrappati alla solidità di Ballack, ai gol di Klose ed alle
parate di Kahn, i tedeschi sfruttarono la cadute in serie di nazionali illustri
e raggiusero la finale solo dopo tre striminzite vittorie per 1-0 contro
Paraguay (ottavi), Usa (quarti) e Korea del Sud (semifinali).
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Balakov vs Rangnick: uno scarso feeling che il tecnico pagò con l´esonero |
Ma il manager svevo, comunque, trovò presto un´altra
cavallo da cavalcare. Rangnick prese in mano l´Hannover 96, un club che era
sprofondato nell´anonimato e da oltre dieci anni non figurava ai vertici dei
campionati tedeschi. Prima stagione: promozione in Bundesliga. Seconda:
salvezza, grazie all´undicesimo posto. Terza: esonerato a Marzo dopo divergenze
con il club.
Proprio la minuziosità, l´attenzione al dettaglio
facevano di Rangnick un manager troppo pignolo, nel campo e fuori, e la sua
figura andava irrimediabilmente a cozzare, o prima o dopo, oltre che con le
eventuali star della rosa, anche con i vari dirigenti, direttori o presidenti
dei club nei quali allenava. Per questi motivi pure l´avventura con Schalke 04,
la sua terza squadra allenata da lui in Bundesliga, terminò anzitempo. Dopo il
secondo posto nella stagione 2004-05, lo Schalke 04 ebbe alcune difficoltà di
troppo ed i metodi di Rangnick furono di nuovo questionati da parte della
dirigenza. Nel dicembre 2005, dopo che lo Schalke 04 aveva battuto il
Mainz, Rangnick celebrò con un giro d´onore alla Veltins-Arena e il pubblico gli riservò una vera e propria
ovazione. Il club, ed alcuni giocatori, si sentirono provocati e due giorni
dopo gli venne dato il benservito. Ancora una volta i suoi detrattori
saltarono fuori ad obbiettare. Ma onestamente, in molti, anche i meno scettici,
iniziarono a pensare che Rangnick ed i suoi metodi non fossore tagliati per la
Bundesliga.
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Bierhoff, Löw e Klinsmann ai Mondiali del 2006 |
Ma non c´era solo Klinsmann. Vi ricordate del Mainz di
Frank? E del suo successore? Si proprio lui. Klopp aveva preso in mano la
squadra nel 2001 e dopo due tentativi, alla terza stagione aveva conquistato la
promozione in Bundesliga. L´allenatore - soprannominato Harry Potter per gli
occhialetti ed la pettinatura da apprendista stregone – aveva appreso bene le
lezioni tattiche di Frank e Rangnick e ci aveva aggiunto un po’ del suo, ovvero
l´innata capacità di inculcare uno “spirito guerriero” ai propri giocatori - che
con lui sembravano correre il doppio - ed un carattere aperto e gioviale con cui aveva conquistato i tifosi. Klopp condusse il Mainz a due salvezze
consecutive, prima di retrocedere al termine della stagione 2006-07.
Contrariamente a quello che in molti pensano, non furono
i buoni risultati sportivi ottenuti a dare
la fama a Klopp, bensì un ruolo da commentatore durante la Conferation Cup del
2005. Fu negli studi della ZDF che Klopp si fece conoscere alla Germania
intera, entrando dentro i salotti di ogni famiglia. Gli stessi studi televisivi
dove la reputazione di Rangnick aveva subito un grosso danno qualche anno
prima.
Affiancato all´ex arbitro svizzero Urs Meier ed al grande
Beckenbauer, la presenza di Klopp fu una rivelazione ed un successo istantaneo:
l´esperimento si ripeté anche durante i Mondiali del 2006 e gli Europei del 2008.
Incaricato di spiegare gli aspetti tattici delle gare, Klopp si diresse al
pubblico in maniera dettagliata ma al tempo stesso semplice, come se stesse
parlando con un amico al bar. Ma Klopp non era solo lì per intrattenere il
pubblico: le sue analisi erano esaustive sotto ogni punto di vista. Il ragazzo
sapeva il fatto suo ed anche Beckenbauer se ne accorse. Mentre Klopp mostrava
il mancato movimento a scalare di un terzino o un centrocampista fuori
posizione, Kaiser Franz osservava
soddisfatto e spesso faceva cenno di sì con la testa. Quindi, se anche
Beckenbauer approvava…
Nel 2008, dopo aver tentato, fallendo, di riportare il
Mainz in Bundesliga, Klopp decise che era il momento di una nuova avventura e
si dimise: 20000 tifosi lo salutarono alla sua festa d´addio. Amburgo, Bayer
Leverkusen e persino il Bayern di Monaco – che alla fine scelse Klinsmann –
mostrarono il proprio interesse per quel giovane allenatore, ma alla fine fu il
Borussia Dortmund ad ingaggiarlo.
Mentre Klopp iniziava a farsi conoscere, almeno a livello
nazionale, Rangnick si era imbarcato in un'altra esotica avventura.
L´Hoffenheim era un club di ottava divisione prima che il miliardario Dietmar
Hopp – fondatore della ditta di software SAP - ne diventasse il proprietario e
nel 2006 aveva già raggiunto la terza serie. Fu allora che entrò in scena
il tecnico.
Rangnick si trovò in un ambiente vergine dal punto di vista calcistico, ideale per un tipo come lui. Chiese uno psicologo e loro lo assunsero. Consigliò di costruire una Academy per il settore giovanile – basata su quella d´Arsenal – e lo fecero. Suggerì un nuovo stadio ed ben presto arrivò la Rhein-Neckar Arena. La squadra era un misto di stranieri pescati in qua e là e sconosciuti tedeschi con due caratteristiche ben precise: giovani e scattanti. Il calcio a “tutto gas” proposto da Rangnick sbancò di nuovo e l´Hoffenheim si ritrovò presto in Bundesliga. Ma il club sembrava non fermarsi più: nel dicembre del 2008, l´Hoffenheim girò il girone d´andata in testa alla classifica, laureandosi Herbstmeister (campioni d´autunno). Tra le vittime anche il BVB di Klopp, sconfitto per 4-1.
Rangnick si trovò in un ambiente vergine dal punto di vista calcistico, ideale per un tipo come lui. Chiese uno psicologo e loro lo assunsero. Consigliò di costruire una Academy per il settore giovanile – basata su quella d´Arsenal – e lo fecero. Suggerì un nuovo stadio ed ben presto arrivò la Rhein-Neckar Arena. La squadra era un misto di stranieri pescati in qua e là e sconosciuti tedeschi con due caratteristiche ben precise: giovani e scattanti. Il calcio a “tutto gas” proposto da Rangnick sbancò di nuovo e l´Hoffenheim si ritrovò presto in Bundesliga. Ma il club sembrava non fermarsi più: nel dicembre del 2008, l´Hoffenheim girò il girone d´andata in testa alla classifica, laureandosi Herbstmeister (campioni d´autunno). Tra le vittime anche il BVB di Klopp, sconfitto per 4-1.
Il fenomeno Hoffenheim fece il giro del mondo ed il New York Times venne a visitare quel
piccolo paese del Baden-Württemberg per scoprirne i segreti. La squadra fece
vedere che nulla era impossibile e non servivano certo campioni per vincere e
giocare bene. I loro successi erano frutto della collettività, del gruppo, del
gioco di squadra e dietro a tutto questo c´era Rangnick il cui lavoro fu
finalmente riconosciuto in tutta la Germania e non solo. L´allenatore svevo fece
il suo ritorno trionfale negli studi della ZDF come ospite di Sportstudio e stavolta non ci fu nessuno
che mise in dubbio le sue teorie.
Tuttavia, il girono di ritorno dell´Hoffenheim fu
alquanto deludente e la squadra terminò settima. Oggettivamente fu un risultato
incredibile, ma dopo il girone d´andata, forse qualcuno si aspettava di piú. Il
calcio praticato da Rangnick richiedeva un grande dispendio di energie e i
giocatori dovevano essere sempre al top della forma per rendere al massimo.
Qualcuno, montandosi un po’ la testa, aveva probabilmente rallentato il ritmo,
mentre altri, più semplicemente, non erano stati in grado di reggere lo sforzo
fisico. I risultati risentirono del calo e le prestazioni tornarono ad essere
“normali”.
L´Hoffenheim giunse undicesimo nella stagione 2009-10 ma
nella stagione successiva Rangnick si dimise dopo divergenze con Hopp: il
manager spingeva per spendere ancora e puntare al titolo, mentre il presidente
aveva intenzioni opposte, ovvero cercare una via per stabilizzarsi in Bundesliga
e salvaguardare il futuro investendo sui giovani. La vendita di Luis Gustavo fu la
goccia che fece traboccare il vaso e Rangnick se ne andò, anche se non tardò
molto a trovare un'altra panchina.
Meno di tre mesi dopo, ecco di nuovo lo Schalke 04 a
bussare alla sua porta. Rangnick tornò alla Veltins-Arena e nello spazio di poche settimane riuscì a conquistare la semifinale di Champions
League - dopo aver umiliato i campioni uscenti dell´Inter, battendoli 5-2 a Milano – e la la Coppa di Germania, che ad oggi rimane il suo unico trofeo. Ma
i risultati ottenuti da Rangnick ad Gelsenkirchen furono però offuscati completamente
dall´ascesa di una altro personaggio nell´olimpo del calcio tedesco.
In meno di tre stagioni, dopo un paio di annate
difficile, con a disposizione un budget irrisorio, e con un gruppo di giocatori
poco conosciuti, Klopp era riuscito a costruire una squadra capace di vincere
la Bundesliga con 7 punti di vantaggio sul Bayer Leverkusen e ben 10 sul Bayern
di Monaco. E nella successiva stagione si era ripetuto ancora, conquistando anche
la Coppa di Germania, battendo il Bayern 5-2 nella finale di Berlino. Il grande
slam era stato mancato per poco, vista la sconfitta nella finale di Champions League
del 2013, ma Klopp era diventato il personaggio del momento: simpatico, cool, sempre
con l´aria da guascone, il biondo allenatore era un modello da imitare in tutto
e per tutto. Passionale, vibrante e grande comunicatore, Klopp era capace di
ottenere il massimo dai suoi giocatori che sul campo erano disposti a correre
come matti in uno stile di gioco che venne battezzato come Gegenpressing.
Ma cosa è realmente il Gegenpressing? Il Gegenpressing
è la pressione sistematica che una squadra effettua contro i propri rivali. Ma nel 2010, non rappresentava certo una novità nel mondo del calcio. Il pressing sistematico era alla base di tante filosofie calcistiche, da Sacchi a Zeman fino a Marcelo Bielsa. Era anche una delle caratteristiche del Barcellona di Pep Guardiola che non appena persa palla attaccava per riconquistarla il prima possibile, sfiancando poi gli avversari con l´incessante possesso palla, alias tiki-taka.
Anche Klopp basava il proprio lavoro su questi principi ma l´esecuzione quasi maniacale fu una novità in Bundesliga. Una volta persa palla, l´obbiettivo era quello di riconquistarla immediatamente e puntare direttamente alla porta il più rapidamente possibile, sfruttando il fatto che l´avversario doveva ancora riposizionarsi correttamente. Bloccare la ripartenza avversaria, causandola una a favore. Statisticamente, il BVB di Klopp aveva pochi corner a favore, segno che i giocatori cercavano sempre di finalizzare la giocata, canalizzandola verso il centro, con una conclusione, invece di aprire il gioco sulle fasce e crossare.
Se gli avversari iniziavano l´azione invece, il Borussia Dortmund gli dava la possibilità di avanzare in maniera tranquilla, attirandoli in una trappola. Ma il pressing doveva essere eseguito in maniera coordinata: di solito i giocatori del BVB identificavano un anello debole nella squadra avversaria e come uno sciame di vespe si avventavano non appena avesse la palla.
Il lavoro svolto da Klopp aprì più di una breccia nel calcio tedesco costringendo molte squadre a rivedere il proprio approccio. Il Bayern di Monaco per esempio si accorse che la leziosità del calcio fraseggiato proposto da Louis van Gaal non aveva futuro, almeno in Bundesliga. Quando Jupp Heynckes arrivò alla guida ci fu una sterzata verso il Gegenpressing, e fu proprio questa l´arma usata dai bavaresi per vincere il triplete (Champions, Campionato e Coppa di Germania) nel 2013.
Nella sua prima stagione a Monaco, Guardiola commentò il fatto che una qualsiasi squadra tedesca era in grado di effettuare un contropiede in meno di 11 secondi. «Esta liga es bestial en materia de contraataques. Es la “Contra-Bundesliga” - dichiarò l´allenatore catalano nel libro Herr Pep – en ningún lugar como en Alemania hay tantos equipos tan eficaces al contraataque y tan rápidos.» Uno dei primi aspetti che Guardiola affrontò in Germania fu proprio quello di evitare che il Bayern cadesse vittima di questo tipo di contropiedi (vedi la sconfitta casalinga 0-3 per mano del BVB di Klopp nella sua prima stagione) ed ha affinato fin qui un sistema di gioco per ridurre tale problema che ha portato il Bayern a diventare oggi una macchina (quasi) perfetta sia in attacco che in difesa.
Ma il Gegenpressing, oltre a richiedere un enorme dispendio di energie, non è certo un sistema infallibile. Lo stesso BVB nel tempo si era leggermente evoluto, aumentando la percentuale di possesso palla ed elaborando un gioco più articolato, fino però a perdere il proprio smalto e finire settimo nella stagione 2014-15.
Tuttavia, la modernizzazione del calcio tedesco ha cambiato la concezione del ruolo dell´allenatore. Non più un privilegio per ex-calciatori, ma una professione che poteva essere imparata, affinata e perfezionata sul campo, giorno dopo giorno. Negli ultimi anni numerose facce nuove si sono affacciate in Bundesliga – incluso Guardiola – e le squadre sono tutte costruite basandole sul Gegenpressing: rose giovani, ma allo stesso tempo di qualità, in grado di reggere gli alti ritmi ed il livello tecnico richiesti. E questo spiega anche la facilità con cui in Germania vengono sfornati talenti anno dopo anno con un ricambio quasi naturale. Il presunto campione dal piede magico che però passeggia in campo non è più tollerato. Ma allo stesso tempo nemmeno i corridori dalla scarsa tecnica sono ben accetti. Oggi giorno un giocatore deve saper offrire conoscenze tattiche, livello atletico e tecnica sopraffina. E nei settori giovanili si lavora per far si che i ragazzini abbiano tutte le carte in regola per diventare calciatori. Qualche eccezione viene fatta per il ruolo di difensore centrale, dove la fisicità è ancora importante, ma in generale se un giovane è scarso in uno dei tre requisiti fondamentali, difficilmente potrà fare carriera.
Anche Klopp basava il proprio lavoro su questi principi ma l´esecuzione quasi maniacale fu una novità in Bundesliga. Una volta persa palla, l´obbiettivo era quello di riconquistarla immediatamente e puntare direttamente alla porta il più rapidamente possibile, sfruttando il fatto che l´avversario doveva ancora riposizionarsi correttamente. Bloccare la ripartenza avversaria, causandola una a favore. Statisticamente, il BVB di Klopp aveva pochi corner a favore, segno che i giocatori cercavano sempre di finalizzare la giocata, canalizzandola verso il centro, con una conclusione, invece di aprire il gioco sulle fasce e crossare.
Se gli avversari iniziavano l´azione invece, il Borussia Dortmund gli dava la possibilità di avanzare in maniera tranquilla, attirandoli in una trappola. Ma il pressing doveva essere eseguito in maniera coordinata: di solito i giocatori del BVB identificavano un anello debole nella squadra avversaria e come uno sciame di vespe si avventavano non appena avesse la palla.
Il lavoro svolto da Klopp aprì più di una breccia nel calcio tedesco costringendo molte squadre a rivedere il proprio approccio. Il Bayern di Monaco per esempio si accorse che la leziosità del calcio fraseggiato proposto da Louis van Gaal non aveva futuro, almeno in Bundesliga. Quando Jupp Heynckes arrivò alla guida ci fu una sterzata verso il Gegenpressing, e fu proprio questa l´arma usata dai bavaresi per vincere il triplete (Champions, Campionato e Coppa di Germania) nel 2013.
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Pep Guardiola |
Nella sua prima stagione a Monaco, Guardiola commentò il fatto che una qualsiasi squadra tedesca era in grado di effettuare un contropiede in meno di 11 secondi. «Esta liga es bestial en materia de contraataques. Es la “Contra-Bundesliga” - dichiarò l´allenatore catalano nel libro Herr Pep – en ningún lugar como en Alemania hay tantos equipos tan eficaces al contraataque y tan rápidos.» Uno dei primi aspetti che Guardiola affrontò in Germania fu proprio quello di evitare che il Bayern cadesse vittima di questo tipo di contropiedi (vedi la sconfitta casalinga 0-3 per mano del BVB di Klopp nella sua prima stagione) ed ha affinato fin qui un sistema di gioco per ridurre tale problema che ha portato il Bayern a diventare oggi una macchina (quasi) perfetta sia in attacco che in difesa.
Ma il Gegenpressing, oltre a richiedere un enorme dispendio di energie, non è certo un sistema infallibile. Lo stesso BVB nel tempo si era leggermente evoluto, aumentando la percentuale di possesso palla ed elaborando un gioco più articolato, fino però a perdere il proprio smalto e finire settimo nella stagione 2014-15.
Tuttavia, la modernizzazione del calcio tedesco ha cambiato la concezione del ruolo dell´allenatore. Non più un privilegio per ex-calciatori, ma una professione che poteva essere imparata, affinata e perfezionata sul campo, giorno dopo giorno. Negli ultimi anni numerose facce nuove si sono affacciate in Bundesliga – incluso Guardiola – e le squadre sono tutte costruite basandole sul Gegenpressing: rose giovani, ma allo stesso tempo di qualità, in grado di reggere gli alti ritmi ed il livello tecnico richiesti. E questo spiega anche la facilità con cui in Germania vengono sfornati talenti anno dopo anno con un ricambio quasi naturale. Il presunto campione dal piede magico che però passeggia in campo non è più tollerato. Ma allo stesso tempo nemmeno i corridori dalla scarsa tecnica sono ben accetti. Oggi giorno un giocatore deve saper offrire conoscenze tattiche, livello atletico e tecnica sopraffina. E nei settori giovanili si lavora per far si che i ragazzini abbiano tutte le carte in regola per diventare calciatori. Qualche eccezione viene fatta per il ruolo di difensore centrale, dove la fisicità è ancora importante, ma in generale se un giovane è scarso in uno dei tre requisiti fondamentali, difficilmente potrà fare carriera.
Nel
frattempo molti discepoli di Rangnick (attualmente allenatore della RB Lipsia), Groß e Klopp (ingaggiato lo scorso Ottobre dal Liverpool) hanno iniziato a diffondersi
a macchia d´olio in terra tedesca.
Roger
Schmidt aveva lavorato con Rangnick e Groß alla Red Bull di Salisburgo prima di
diventare il tecnico del Bayer Leverkusen; Tayfun Korkut, lo scorso anno sulla
panchina dell´Hannover, era stato allenatore delle giovanili dell´Hoffenheim ai
tempi di Rangnick; Markus Gisdol, fino a qualche settimana fa alla guida
dell´Hoffenheim, aveva addirittura giocato con il Geislingen negli anni 80; Thomas
Tuchel, attuale tecnico del BVB, oltre ad aver allenato il Mainz nel
dopo-Klopp, era stato giocatore dell´Ulm con Rangnick ed allenatore
dell´Under-19 dello Stoccarda quando Rangnick era alla guida della prima
squadra e Groß incaricato di sovraintendere il settore giovanile; anche Klinsmann
mosse i primi passi calcistici nel Geislingen e nello Stoccarda; e Klopp, Rangnick, Groß, Klinsmann e Löw sono tutti nativi del Baden-Württemberg,
la regione a sud-ovest della Germania. Semplici coincidenze? Forse no…
Fonti Info:
Das Reboot: How German Football Reinvented Itself and Conquered the World by Raphael Honigstein
Herr Pep by Marti Perarnau
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