I tempi migliori. I tempi
peggiori. La Spagna, campione d’Europa e
del Mondo, è la nazionale più vincente nella storia del calcio, avendo
trionfato in tre competizioni a fila, e il 4-0 con cui ha demolito l’Italia, è
il più grosso margine mai riscontrato in una finale.
Allo stesso tempo,
Barcellona e Real Madrid sono indiscutibilmente le due più forti squadre del
continente e anche i favoriti per il prossimo Pallone d’Oro fanno parte delle
loro rose. Come sempre. Dal 2005, solo in rarissime
occasioni il vincitore del Pallone d’Oro non aveva fatto parte né di Real né
del Barca. Comunque, alla fine, sia Kakà che Cristiano Ronaldo sono arrivati al
Bernanbeu. Negli ultimi 2 anni, Real
e Barcellona hanno vantato tutti e sei giocatori finiti sul podio, con Ronaldo
che ha rotto il dominio assoluto del Barca.
Ogni settimana che passava, Real e
Barca, Ronaldo e Leo Messi, continuavano a infrangere record che sembravano
appartenere ad un'altra era. Ronaldo batté il record di 38 goal che era
resistito per 20 anni, mentre la
stagione immediatamente successiva, Messi fece di meglio, raggiungendo quota 50
gol. Se il Barcellona toccò quota 99 punti in campionato, due anni dopo, il
Real Madrid arrivò a 100. Numeri ed imprese che da impossibili diventano
improvvisamente facili.
In un duello dove ogni
pareggio è considerato come una sconfitta, un motivo che spiega questi
sorprendenti numeri è che loro sono
obbligati ad ammassare punti su punti, record su record. La pressione è così
soffocante le due squadre si trascinano a vicenda, troppo consapevoli del fatto
che ogni piccolo intoppo potrebbe essere decisivo. Un’altra ragione è che loro
possono.
La Liga non è un campionato
facile. Barcellona e Real entrambe hanno centrato la semifinale di Champions
League negli ultimi due anni (il Barca vinse l’edizione 2010-11) e saranno le
favorite per la finale anche quest’anno, naturalmente. Due squadre
assolutamente fantastiche con altrettanti campioni, alcuni fra i migliori nella
storia. Due squadre che vincerebbero sicuramente la Premier League.

La scorsa stagione
l’Europa League fu contesa in finale da due squadre spagnole: Atletic Bilbao e
Atletico Madrid. Atletico Madrid vinse il suo secondo titolo in tre anni dando
alla Spagna la quinta vittoria nelle ultime nove stagioni. Se l’Europa League è
il torneo che misura la qualità di un campionato, allora quello spagnolo è
sicuramente fra i più difficili. Se La Liga è una corsa fra due cavalli, la quale
è, non vuol dire che gli altri sono somari. Almeno non ancora.
Jose Mourinho aveva
affermato che qualsiasi squadra nel mondo che avesse partecipato a La Liga
sarebbe arrivata terza, dietro le due grandi. Mou ha avuto ragione. Per ora. Ma il
punto non è solo battere gli altri club, ma nella loro distruzione, che poi
porterà alla rovina del campionato, con la federazione stessa complice della
proprio fine.
Questa settimana, 13 squadre si sono unite, cercando di forzare
la Liga de Futbol Profesional di
occuparsi del problema. Modifiche nel sistema di distribuzione dei ricavi dei
diritti Tv e degli orari delle gare, questi i principali cambi richiesti. Nell’ immediato, i clubs
volevano che la LFP prendesse le loro difese nella battaglia contro le compagnia
televisiva. Si parlava persino di uno sciopero, che avrebbe minacciato l’inizio
del campionato.
Ma i loro tentativi sono
andati falliti. La LFP è guidata dal presidente che portò alla crisi economica
il Real Sociedad, lo stessa persona che si vanta di gestire i diritti Tv di 30
società fra le prima e seconda divisione ma con molti dubbi su i suoi reali
interessi. Il presidente dell’Atletico Madrid Enrique Cerezo fece notare che la
LFP dovrebbe difendere i diritti di tutti i clubs, ma questo non sembra
interessare minimamente. “Il resto
dell’Europa ci prende in giro” dichiarò Joan Collett CEO dell’Espanyol. La
buona notizia è che il campionato alla fine inizierà come previsto.
E’ ben documentato che i
contratti TV sono stipulati individualmente in Spagna. Real e Barcellona
guadagnano tre volte più di Valencia e Atletico Madrid. Questa non è l’unica
risorsa dei loro guadagni, ma è la più significante. €120m contro €42m stagionali
potrebbe non sembrare una grossa differenza, ma anno dopo anno, il divario si
ingigantisce.
Questo è un fatto sia economico
che sociale: almeno due terzi del paese dichiara di essere tifoso del Real o
del Barcellona, mentre il rimanente terzo ha nel Real o Barcellona la propria
seconda squadra. Se milioni di persone
guardano le loro gare, allo stesso tempo – stando alle dichiarazioni
private di un dirigente della federazione spagnola – un paio di stagioni fa, il
numero di pay-per-view ottenutieper una gara che non vedeva coinvolto né Real
nè Barca, fu solo 47. Si proprio 47. Questo è il mercato locale, mentre quello internazionale è quasi interamente
catturato dai due clubs.
C’è una differenza fra le
solite due (o tre, massimo quattro) squadre che vincono il campionato e le due
che vincono virtualmente ogni gara. Non
è normale che una vittoria con quattro-cinque reti di scarto sia più comune di
una con uno o due gol di divario, ma
questo è quello che accade. La scorsa stagione il Valencia finì terzo, 39 punti
dietro i campioni. Nei due campionati precedenti il distacco fu di 25 e 28
punti. Primo di loro, era toccato al Siviglia arrivare terzo, con un divario di
27 punti.
Questa è la realtà. Calcistica
ed economica. Fatti che si perpetuano anno
dopo anno creando un vortice che spinge sempre più in alto le due big, e sempre
più in basso le altre squadre. Jordi Alba è passato dal Valencia al Barcellona,
Luka Modric con molta probabilità passerà dal Tottenham al Real. Nelle ultime
tre stagioni, è riscontrato che La Liga ha preso i migliori giocatori della
Premier League (Ronaldo, Fabregas), Serie A (Kakà, Ibrahimovic) e Bundesliga (Sahin).
Ma questo dipende da quello che si vuole dire per La Liga, visto che Real e
Barcellona da sole sono La Liga stesso. Questo è esattamente quello che fanno.
E quello che loro fanno, anche le Tv e i media fanno. E così i fans.
La Spagna giocherà in
Porto Rico mercoledì sera. Un’altra amichevole oltreoceano di cui nessuno
importa nulla, programmata quattro giorni prima dell’inizio nella nuova
stagione. L’unico dibattito è se i giocatori di Real e Barcellona giocheranno
lo stesso numero di minuti. In pochi importa del resto.
Se le due big continuano
a rinforzarsi, per le altre mantenersi è
il massimo dell’aspirazione. L’acquisto più caro del Valencia nel mercato
estivo è costato €3.7m mentre quello del Sevilla €3.5m .La maggior parte delle
altre non possono nemmeno permettersi queste cifre.
Quest’anno, Real e
Barcellona, hanno investito più denaro
nei giocatori dei loro team B che metà delle altre squadre hanno fatto per la
prima squadra.
Invece di arrivare, i
giocatori fanno le valige. Persino nella Costa del Sol. L’unico team che in
teoria avrebbe potuto sfidare le due big era il Malaga ma, dopo aver speso €60m
nella scorsa stagione, lo sceicco Al-Thani ha chiuso il rubinetto. Santi
Cazorla è andato via, così come Salomon Rondon. E ci potrebbero essere
ulteriori cessioni.

Meglio e peggio non sono
concetti opposti, ma sono correlati fra di loro. La mancanza di soldi ne La
Liga – a parte le due big – significa maggiori opportunità per calciatori
spagnoli. Ma inevitabilmente questi finiscono nell’orbita di Real o Barca. Il Valencia
aveva quattro protagonisti del Mondiale, ma a distanza di un anno, tutti se ne
erano andati. E un se un altro era riuscito a raggiungere la nazionale – Jordi Alba in Euro 2012 – già prima della finale era diventato un
giocatore del Barcellona.
Nell’undici iniziale, solo
David Silva non faceva parte di Real e Barcellona, avendo lasciato La Liga due
stagioni fa. Persino Real e Barcellona non possono avere tutti. I migliori giocatori
in Spagna che mirano ad un ingaggio maggiore e trofei hanno due scelte: andare
in una delle due grandi, o lasciare la Spagna.
Al di là delle due big,
chi sono stati i migliori giocatori in Spagna negli ultimi 5 anni ? Sergio
Aguero? Dani Alves? David Villa? Diego Forlan? Giuseppe Rossi? Fernando
Llorente? Juan Mata? Cazorla? Sergio Canales? Radamel Falcao? Di certo ci
sono eccezioni fra loro, ma il quadro
generale è logico. Dove sono adesso? Nelle due big o all’estero. Perché aspettare?
Un movimento verso Madrid o Barcellona non è una novità, ma adesso è diventato
quasi uno sprint. Il processo è stato accelerato.
Nella lista sopra, Rossi
è ancora al Villareal,perché hanno deciso di vendere Cazorla, e, malgrado due
infortuni al ginocchio in un anno, sicuramente anche lui farà le valige presto.
Falco è sempre all’Atletico Madrid ma la società possiede solo metà dei suoi
diritti. E questa settimana è stato annunciato che Llorente vuole lasciare l’Atletic
Bilbao. Nessuno pensa ad un suo trasferimento in un “altro” club spagnolo.
Persino Michu è partito
quest’estate, dal Rayo Vallecano allo Swansea City. Ed Arouna Konè ha lasciato
il Levante.
Questo significa che – presumendo che anche Llorente se ne andrà –
a parte Real e Barcellona, tutti i team qualificati per l’Europa hanno perso i
loro migliori giocatori, eccezion fatta per l’Atletico Madrid. Ma se i Cholconeros sono riusciti a trattenere
Falcao, hanno perso comunque Diego. Il divario fra le due big ed il resto del
gruppo si fa quindi sempre più incolmabile. La partenza di Cazorla è stata una
cattiva notizia sia per il Malaga che per il campionato, visto che ha avvalorato
quanto detto sopra. Peggio ancora, ha provato che il club che più di ogni altro
avrebbe potuto invertire la tendenza, in realtà non può.
Questa stagione sfornerà
ancora storie e grandi caratteri. Nuovi talenti emergeranno – da tenere d’occhio
Oliver Torres dell’Atletico Madrid – e ci saranno nuovi eroi. Ci saranno nuove
sfide al di là delle due big, come sempre d'altronde, anche se troppo spesso
ignorate dai più. Il timore, comunque, è che si sarà un finale come sempre familiare.
Quando nuovi talenti emergeranno, guarderanno Real e Barcellona da lontano,
molto lontano, e allora dovranno fare “la
scelta”. Unirsi a loro. O lasciare la Spagna.
Traduzione dell'articolo Barcelona-Real Madrid hegemony tarnishes Spanish football's golden age scritto da Sid Lowe e pubblicato su www.guardian.co.uk