lunedì 23 luglio 2012

SEOUL 1988: La finale che sconvolse il Mondo intero













Traduzione dell'articolo The dirtiest race scritto da Richard Moore e  pubblicato sul numero 259 del 8 giugno 2012 (leggi l'articolo originale)  del settimanale inglese Sport

The dirtiest race (qui la descrizione su Amazon) è inoltre il titolo del libro pubblicato da Richard Moore.

C’è un evento, e con esso un atleta, che sovrasterà tutti gli altri ai prossimi Giochi Olimpici di Londra. L'atleta in questione è un colosso di quasi 2 metri conosciuto come il più veloce uomo nella storia e acclamato come il salvatore dei 100 Mt. Stiamo parlando di Usain Bolt, naturalmente.
Ventiquattro anni fa, alla vigilia dei Giochi Olimpici di Seoul, c’era la stessa trepidante attesa intorno alla finale maschile dei 100 Mt. Ma la differenza con allora, è che l’evento non vantava un uno protagonista, ma ben due. Due Usain Bolt.
Un altro particolare era l’aria di innocenza che si respirava : niente dei sospetti o scetticismi che dal 1988 in poi avrebbero accompagnato ogni campione olimpico. Questo perché quello che accadde in Seoul - quando il canadese Ben Johnson, detto il “proiettile umano”, incrociò la propria strada con quella dell’asso americano Carl Lewis- cambiò lo sport per sempre.
Per prima cosa, lo sprint in se stesso, il quale superò ogni aspettativa: con Johnson che stracciò il vecchio primato mondiale e con ben tre altri sprinters scesi sotto i 10 secondi, la gara fu dichiarata la migliore di tutti i tempi.
Poi, 48 ore dopo, arrivò la notizia bomba, che fermò di colpo tutta l’Olimpiade, e che avrebbe ribattezzato la finale di Seoul come la gara più scorretta di tutti i tempi.

KING CARL vs BIG BEN
Jonhson e Lewis erano tipi di atleti ben differenti dai classici Rogert Bannister o Sebastian Coe, entrambi simboli del professionismo nello sport. Quando nel 1984 Lewis eguagliò il record del grande Jesse Owens, vincendo quattro medaglie d’oro all’Olimpiade di Los Angeles, il suo manager aveva previsto che sarebbe diventato una superstar del calibro di Micheal Jackson. Jonhson, nel frattempo girava in Porche e Ferrari, una volta indugiò a partecipare all’inaugurazione di un supermarket di Toronto, perché gli offrivano “solo” 60000 Dollari per tagliare il nastro. Dopo Seoul, il prezzo sarebbe salito a più di 10 milioni di Dollari.
Come le più grosse rivalità nello sport, Johnson e Lewis erano uno l’opposto dell’altro. Lewis con il suo stile snello e aggraziato, è spesso considerato come sprinter con più elegante nella storia dell’atletica, mentre Johnson era tutto muscoli e potenza. Se Lewis era Micheal Jackson, Johnson, il suo antagonista, era l’incredibile Hulk.
La rivalità esplose dopo Los Angeles, quando Johnson batté Lewis per la prima volta a Zurigo, nel 1985. L’equilibrio saltò nelle successive due stagioni, nelle quali Johnson continuò a battere Lewis, compreso al Meeting di Roma, nel 1987, dove stabilì il nuovo record mondiale -9.83 secondi-  nove centesimi in  meno del vecchio primato.
Ad aggiungere sale alla rivalità c’era anche il fatto che i due non andavano minimamente d’accordo. E dopo Roma il loro rapporto diventò ancora più apro quando Lewis rilasciò un’intervista nella quale alludeva a presunti usi di sostanze proibite da parte di Johnson. “Avverto una strana aria in queste competizioni – commentò Lewis – molti atleti si affacciano improvvisamente alla ribalta gareggiando in maniera incredibile e non penso che lo facciano senza assumere nessuna sostanza. Le cose stanno diventando peggio che mai. Se prendessi sostanze, correrei anch’io 9.80 senza problemi – concluse Lewis – proprio come fa lui.”
“Lui” naturalmente era riferito a Ben Johnson. L’allenatore del canadese, Charlie Francis, prendendo le difese del proprio atleta, rispose per le rime a Lewis. “Ben gareggia molto ed si sottopone quindi a tanti controlli. Con quali prove la gente lo accusa di doping? Io penso che Carl (Lewis) è  fortunato che nessuno gli abbia ancora fatto causa.”
Nell’avvicinamento all’Olimpiade di Seoul, con Johnson sofferente per un infortunio, l’equilibrio tornò di nuovo in favore di Lewis. Il canadese litigò pure con il proprio coach Francis e scappò a St Kitts, dove si godette sette settimane di relax sulle spiagge dell’isola caraibica.
Necessitavo riposo  -commentò Johnson quando intervistato da Richard Moore per il libro - presi 25 pounds (circa 9 kilogrammi) ma mi godetti la vacanza, mangiando, bevendo e divertendomi
Lewis, nel frattempo, sembrava aver ritrovato la sua miglior forma. Ad Indianapolis, durante i trials pre-olimpici, corse i 100 Mt in 9.78, con l’aiuto del vento. “Quindi? – commentò la notizia Johnson – Se fossi stato lì avrei fatto 9.2 ….Nei primi 40 metri ha fatto schifo! Come sempre !”
Tutto quello che so, è che non mai gareggiato meglio di così - ribatté Lewis  -mentre lui non sta correndo affatto.”

L’EVENTO
Seoul era quindi la cornice perfetta. Anche se c’erano 8 finalisti, incluso il britannico Linford Christie, la gara era solo fra due uomini: Lewis in terza corsia e Johnson in sesta. La psicologica battaglia aveva avuto inizio ben prima che gli atleti scendessero in pista.
L’area di riscaldamento è il posto perfetto per imparare a conoscere gli atleti -commentò il coach britannico Frank Dick –e potevi vedere i loro riti e i loro differenti approcci. La scontrosità di Johnson, e l’appariscenza di Lewis. Loro erano come due pugili. O gladiatori. La tensione si avvertiva nell’aria.”
In pista, Johnson si muoveva avanti e indietro senza sosta, quasi come a minacciare gli avversari. Come ritornò ai blocchi di partenza, una figura si presentò dietro di lui. Era Lewis, il quale stava facendo il giro degli altri partecipanti, con il consueto rito della stretta di mano. I due si fissarono. Preso alla sprovvista, Johnson sembrò sul punto di stringere la mano a Lewis, salvo ritirarsi all’ultimo istante. “Io non stringo la mano a nessuno – commentò il canadese – Noi non siamo amici. Io sono venuto qui solo per vincere. Carl stava solo cercando di arruffianarsi con gli altri.”
Johnson riprese a pensare solo alla corsa e tolse la propria maglietta gialla, rimanendo solo con la casacca del Canada e con la vistosa catena d’oro ballonzolante sul suo petto muscoloso. Anche Lewis vestiva di rosso, con bordi bianchi però. “Nei film western, c’era sempre un uomo col cappello bianco ed uno col capello nero – disse Lewis – e io mi sentivo di indossare i panni di del buono, quello con capello bianco, che cercava di battere l’altro, il cattivo.”
Quando gli sprinter furono chiamati alla partenza, tutti si mossero in avanti, Johnson fu l’ultimo a piazzarsi sui blocchi, con le sue spalle muscolose che spingevano con forza le mani sugli angoli opposti della propria corsia. Alla sinistra di Johnson, Lewis si inginocchiò, fissando in avanti, con il suo braccio sinistro appoggiato sulla coscia. Si grattò il naso, diede un’occhiata rapida verso il rivale, poi si piazzò sui blocchi, inchinando la propria testa in avanti, come se fosse in preghiera. Johnson, più basso di Lewis, si accovacciò pure lui, pronto a scattare.
Quando la pistola decretò il via, la partenza di Johnson fu terrificante. Sembrava un felino, perfettamente bilanciato e imprendibile. Lewis impiegò più tempo per distendere la propria falcata e dopo 10 metri era già 6 centesimi di secondo in ritardo. Ai 20 metri, allungò rapidamente il suo sguardo verso Johnson. Lo fece altre tre volte, e la sua faccia rivelò prima paura, poi panico ed infine dolore. La partenza era l’arma migliore di Johnson, mentre quella di Lewis era l’allungo finale. Ma anche se riuscì a recuperare qualcosa nei metri conclusivi, era ormai troppo  tardi. A cinque metri dal traguardo, Johnson finalmente guardò verso Lewis e con la sua testa rivolta verso sinistra, alzò il proprio braccio destro , puntando con l’indice verso il cielo. Il cronometrò si fermo a 9.79 . In seguito del suo trionfo, a Johnson fu chiesto cosa gli importasse di più, la medaglia d’oro, o il record del mondo. “La medaglia d’oro – rispose lui – perché nessuno te la può portare via.”

LO SCOPPIO DELLA BOMBA
Quello che capitò due giorni dopo, fu tanto drammatico quanto la gara stessa. Per chi stava guardando la Tv in Gran Bretagna, la notizia fu data da Des Lynam sulla BBC. “Ho appena avuto una notizia che, se confermata, passerà alla storia come la più drammatica di queste Olimpiadi, o con molta probabilità di tutte. Secondo fonti provenienti dal CIO è emerso che l’atleta canadese Ben Johnson è stato scoperto ad aver fatto uso di sostanze dopanti e perciò verrà privato della medaglia d’oro conseguita nei 100 mt.”
Quando la notizia fu confermata, a Johnson vennero tolti sia l’oro olimpico che il record del mondo. Il canadese, che lasciò di fretta Seoul, fu calunniato e disonorato, e, a distanza di 24 anni, rimane ancora un emarginato. Eppure, almeno cinque dei partecipanti a quella finale, incluso Lewis, sarebbero poi stati macchiati di accuse di doping. Nel 2003, infatti, emerse che Lewis risultò positivo ad uno stimolante durante i Trials statunitensi del 1988, e perciò , stando ai regolamenti del CIO,  avrebbe dovuto scontare una squalifica di tre mesi, che gli avrebbe fatto saltare le Olimpiadi di Seoul. Ma fu prosciolto.
Rimangono ancora irrisolte alcune domande. Come mai Johnson, che aveva usato steroidi per sette anni, fu beccato proprio a Seoul? Cosa successe di sbagliato (per lui) ed in che maniera i laboratori scoprirono l’inganno? E chi era quel misterioso signore seduto affianco a lui nella stanza del controllo anti-doping?
Qualsiasi cosa successe quel giorno, lo strascico di Seoul resiste ancora. Questo è perché, da allora, i sospetti hanno iniziato a perseguitare chiunque avesse reclamato il titolo di “uomo più veloce sulla faccia della terra”. E questo è perché Usain Bolt è visto da molti come il salvatore, l’uomo in grado di restituire la giusta reputazione ad un evento ancora così seriamente macchiato dagli eventi di 24 anni fa.

Documentario realizzato da Daniel Gordon per BBC