Traduzione dell'articolo The dirtiest race scritto da Richard Moore e pubblicato sul numero 259 del 8 giugno 2012 (leggi l'articolo originale) del settimanale inglese Sport
The dirtiest race (qui la descrizione su Amazon) è inoltre il titolo del libro pubblicato da Richard Moore.
C’è un evento, e con esso un atleta, che sovrasterà tutti gli altri ai prossimi Giochi Olimpici di Londra. L'atleta in questione è un colosso di quasi
2 metri conosciuto come il più veloce uomo nella storia e acclamato come il
salvatore dei 100 Mt. Stiamo parlando di Usain Bolt, naturalmente.
Ventiquattro anni fa, alla vigilia dei Giochi Olimpici di
Seoul, c’era la stessa trepidante attesa intorno alla finale maschile dei 100
Mt. Ma la differenza con allora, è che l’evento non vantava un uno protagonista,
ma ben due. Due Usain Bolt.
Un altro particolare era l’aria di innocenza che si
respirava : niente dei sospetti o scetticismi che dal 1988 in poi avrebbero
accompagnato ogni campione olimpico. Questo perché quello che accadde in Seoul
- quando il canadese Ben Johnson, detto il “proiettile umano”, incrociò la
propria strada con quella dell’asso americano Carl Lewis- cambiò lo sport per
sempre.
Per prima cosa, lo sprint in se stesso, il quale superò
ogni aspettativa: con Johnson che stracciò il vecchio primato mondiale e con ben
tre altri sprinters scesi sotto i 10 secondi, la gara fu dichiarata la
migliore di tutti i tempi.
Poi, 48 ore dopo, arrivò la notizia bomba, che fermò di
colpo tutta l’Olimpiade, e che avrebbe ribattezzato la finale di Seoul come la gara più scorretta di tutti i tempi.
KING
CARL vs BIG BEN
Jonhson e Lewis erano tipi di atleti ben differenti dai classici
Rogert Bannister o Sebastian Coe, entrambi simboli del professionismo nello
sport. Quando nel 1984 Lewis eguagliò il record del grande Jesse Owens,
vincendo quattro medaglie d’oro all’Olimpiade di Los Angeles, il suo manager
aveva previsto che sarebbe diventato una superstar del calibro di Micheal
Jackson. Jonhson, nel frattempo girava in Porche e Ferrari, una volta
indugiò a partecipare all’inaugurazione di un supermarket di Toronto, perché gli
offrivano “solo” 60000 Dollari per tagliare il nastro. Dopo Seoul, il prezzo sarebbe
salito a più di 10 milioni di Dollari.
Come le più grosse rivalità nello sport, Johnson e Lewis
erano uno l’opposto dell’altro. Lewis con il suo stile snello e aggraziato, è spesso
considerato come sprinter con più elegante nella storia dell’atletica, mentre
Johnson era tutto muscoli e potenza. Se Lewis era Micheal Jackson, Johnson, il
suo antagonista, era l’incredibile Hulk.
La rivalità esplose dopo Los Angeles, quando Johnson
batté Lewis per la prima volta a Zurigo, nel 1985. L’equilibrio saltò nelle
successive due stagioni, nelle quali Johnson continuò a battere Lewis, compreso
al Meeting di Roma, nel 1987, dove stabilì il nuovo record mondiale -9.83
secondi- nove centesimi in meno del vecchio primato.
Ad aggiungere sale alla rivalità c’era anche il fatto che
i due non andavano minimamente d’accordo. E dopo Roma il loro rapporto diventò
ancora più apro quando Lewis rilasciò un’intervista nella quale alludeva a
presunti usi di sostanze proibite da parte di Johnson. “Avverto una strana aria in queste competizioni – commentò Lewis – molti atleti si affacciano improvvisamente
alla ribalta gareggiando in maniera incredibile e non penso che lo facciano senza
assumere nessuna sostanza. Le cose stanno diventando peggio che mai. Se prendessi
sostanze, correrei anch’io 9.80 senza problemi – concluse Lewis – proprio come fa lui.”
Nell’avvicinamento all’Olimpiade di Seoul, con Johnson
sofferente per un infortunio, l’equilibrio tornò di nuovo in favore di Lewis. Il
canadese litigò pure con il proprio coach Francis e scappò a St Kitts, dove si
godette sette settimane di relax sulle spiagge dell’isola caraibica.
“Necessitavo riposo
-commentò Johnson quando intervistato da
Richard Moore per il libro - presi 25
pounds (circa 9 kilogrammi) ma mi godetti la vacanza, mangiando, bevendo e
divertendomi”
Lewis, nel frattempo, sembrava aver ritrovato la sua
miglior forma. Ad Indianapolis, durante i trials pre-olimpici, corse i 100 Mt
in 9.78, con l’aiuto del vento. “Quindi?
– commentò la notizia Johnson – Se fossi
stato lì avrei fatto 9.2 ….Nei primi 40 metri ha fatto schifo! Come sempre !”
“Tutto quello che
so, è che non mai gareggiato meglio di così - ribatté Lewis -mentre
lui non sta correndo affatto.”
L’EVENTO
“L’area di
riscaldamento è il posto perfetto per imparare a conoscere gli atleti -commentò
il coach britannico Frank Dick –e potevi
vedere i loro riti e i loro differenti approcci. La scontrosità di Johnson, e l’appariscenza
di Lewis. Loro erano come due pugili. O gladiatori. La tensione si avvertiva
nell’aria.”
In pista, Johnson si muoveva avanti e indietro senza
sosta, quasi come a minacciare gli avversari. Come ritornò ai blocchi di
partenza, una figura si presentò dietro di lui. Era Lewis, il quale stava
facendo il giro degli altri partecipanti, con il consueto rito della stretta di
mano. I due si fissarono. Preso alla sprovvista, Johnson sembrò sul punto di
stringere la mano a Lewis, salvo ritirarsi all’ultimo istante. “Io non stringo la mano a nessuno –
commentò il canadese – Noi non siamo
amici. Io sono venuto qui solo per vincere. Carl stava solo cercando di
arruffianarsi con gli altri.”
Johnson riprese a pensare solo alla corsa e tolse la
propria maglietta gialla, rimanendo solo con la casacca del Canada e con la vistosa
catena d’oro ballonzolante sul suo petto muscoloso. Anche Lewis vestiva di
rosso, con bordi bianchi però. “Nei film
western, c’era sempre un uomo col cappello bianco ed uno col capello nero –
disse Lewis – e io mi sentivo di
indossare i panni di del buono, quello con capello bianco, che cercava di
battere l’altro, il cattivo.”
Quando gli sprinter furono chiamati alla partenza, tutti
si mossero in avanti, Johnson fu l’ultimo a piazzarsi sui blocchi, con le sue
spalle muscolose che spingevano con forza le mani sugli angoli opposti della propria
corsia. Alla sinistra di Johnson, Lewis si inginocchiò, fissando in avanti, con
il suo braccio sinistro appoggiato sulla coscia. Si grattò il naso, diede un’occhiata
rapida verso il rivale, poi si piazzò sui blocchi, inchinando la propria testa
in avanti, come se fosse in preghiera. Johnson, più basso di Lewis, si
accovacciò pure lui, pronto a scattare.
Quando la pistola decretò il via, la partenza di Johnson
fu terrificante. Sembrava un felino, perfettamente bilanciato e imprendibile.
Lewis impiegò più tempo per distendere la propria falcata e dopo 10 metri era già
6 centesimi di secondo in ritardo. Ai 20 metri, allungò rapidamente il suo
sguardo verso Johnson. Lo fece altre tre volte, e la sua faccia rivelò prima
paura, poi panico ed infine dolore. La partenza era l’arma migliore di Johnson,
mentre quella di Lewis era l’allungo finale. Ma anche se riuscì a recuperare
qualcosa nei metri conclusivi, era ormai troppo
tardi. A cinque metri dal traguardo, Johnson finalmente guardò verso
Lewis e con la sua testa rivolta verso sinistra, alzò il proprio braccio destro
, puntando con l’indice verso il cielo. Il cronometrò si fermo a 9.79 . In
seguito del suo trionfo, a Johnson fu chiesto cosa gli importasse di più, la
medaglia d’oro, o il record del mondo. “La
medaglia d’oro – rispose lui – perché
nessuno te la può portare via.”
LO
SCOPPIO DELLA BOMBA
Quello che capitò due giorni dopo, fu tanto drammatico quanto
la gara stessa. Per chi stava guardando la Tv in Gran Bretagna, la notizia fu
data da Des Lynam sulla BBC. “Ho appena
avuto una notizia che, se confermata, passerà alla storia come la più
drammatica di queste Olimpiadi, o con molta probabilità di tutte. Secondo fonti
provenienti dal CIO è emerso che l’atleta canadese Ben Johnson è stato scoperto
ad aver fatto uso di sostanze dopanti e perciò verrà privato della medaglia d’oro
conseguita nei 100 mt.”
Quando la notizia fu confermata, a Johnson vennero tolti
sia l’oro olimpico che il record del mondo. Il canadese, che lasciò di fretta
Seoul, fu calunniato e disonorato, e, a distanza di 24 anni, rimane ancora un
emarginato. Eppure, almeno cinque dei partecipanti a quella finale, incluso
Lewis, sarebbero poi stati macchiati di accuse di doping. Nel 2003, infatti,
emerse che Lewis risultò positivo ad uno stimolante durante i Trials
statunitensi del 1988, e perciò , stando ai regolamenti del CIO, avrebbe dovuto scontare una squalifica di tre
mesi, che gli avrebbe fatto saltare le Olimpiadi di Seoul. Ma fu prosciolto.
Rimangono ancora irrisolte alcune domande. Come mai
Johnson, che aveva usato steroidi per sette anni, fu beccato proprio a Seoul? Cosa
successe di sbagliato (per lui) ed in che maniera i laboratori scoprirono l’inganno?
E chi era quel misterioso signore seduto affianco a lui nella stanza del
controllo anti-doping?
Qualsiasi cosa successe quel giorno, lo strascico di
Seoul resiste ancora. Questo è perché, da allora, i sospetti hanno iniziato a
perseguitare chiunque avesse reclamato il titolo di “uomo più veloce sulla faccia della terra”. E questo è perché Usain
Bolt è visto da molti come il salvatore, l’uomo in grado di restituire la giusta
reputazione ad un evento ancora così seriamente macchiato dagli eventi di 24
anni fa.
Documentario realizzato da Daniel Gordon per BBC